Ingredienti per 6 persone
Per la pasta:
450 gr farina
300 gr pangrattato fino
sale
250/350 cl acqua bollente
Per il brodo:
due canne di sedano
due cipolle
due carote
30 gr di pistè ad grass
200 gr cotenne di maiale
1,5 l di acqua
1 bicchiere vino rosso
2 foglie di alloro
300 gr fagioli borlotti (oppure dall’occhio)
olio – burro
sale
prezzemolo
mazzetto aromatico
Mazzetto aromatico:
In una garza mettere aghi di rosmarino, 10 grani di pepe nero, rametti di timo, 2 spicchi d’aglio, 3 bacche di ginepro, legare bene la garza in modo che durante la cottura non fuoriescano gli ingredienti.
A fine cottura toglierla dal sugo e strizzarla nel condimento.
Esecuzione:
Impastare bene il pangrattato con l’acqua bollente, usando una forchetta, aggiungere la farina, manipolare, fino ad ottenere un impasto morbido ed elastico.
Formare delle bisce del diametro di una matita, quindi staccare dei cilindretti, che schiacciati leggermente con il pollice, formeranno gnocchetti concavi.
Sbollentare le cotenne di maiale con acqua e aceto, pulirle, in acqua nuova portarle a cottura e tagliarle a listarelle di circa 3×2 cm.
Tritare finemente le verdure, sciogliere il lardo pesto in un giro d’olio e burro, farvi imbiondire leggermente la cipolla, aggiungere le verdure, cuocere per 20 minuti a fuoco dolce, aggiungere il vino, far evaporare quindi poca acqua calda quando asciuga.
Aggiungere l’acqua (la proporzione per avere una minestra densa sarà di due mestoli di acqua per 150 gr di pissarèi), il mazzetto aromatico, i fagioli, 2 foglie di alloro, le cotenne e portarli a quasi cottura.
Recuperare 1/3 dei fagioli e farne una purea, che terremo da parte.
Cuocere i pissarei direttamente nel sugo, togliere l’alloro ed il mazzetto aromatico e rimette in pentola la purea di fagioli.
Conviene tenere in disparte un po’ di brodo da aggiungere, nel caso venissero troppo asciutti.
IL CUOCO GENTELMAN DICE: La più tipica espressione della cucina povera piacentina!!! Il nome sembra derivare dalla vaga somiglianza che hanno gli gnocchetti di pasta fatti a mano con il piccolo pene dei bambini. Quasi sicuramente già nel 1200 costituivano una zuppa di pasta e fagioli, dunque un piatto diverso dall’attuale per l’assoluta mancanza del pomodoro, originario dell’America centrale, e per l’uso dei “fagioli dell’occhio”, detti anche “di Castel San Giovanni”, i soli conosciuti prima della scoperta delle Americhe. L’uso di mescolare la farina con il pane grattato, indice della povertà del piatto, consentiva di utilizzare il pane secco avanzato, e soprattutto, di diminuire il quantitativo di farina, molto costosa. La vecchia usanza di servire i pisarëi “bazotti”, cioè all’onda come un risotto o semiliquido, è dunque un retaggio di quando si presentavano come un minestrone.
CURIOSITÀ: Si racconta che a Piacenza la suocera controllasse il pollice destro della futura sposa per verificarne la leggera callosità, segno della abitudine a confezionare i pisarëi.